Parlaci di te. Chi sei e cosa fai nella vita?
Mi chiamo Aya El Hail, sono nata e cresciuta in Italia, con origini marocchine.
Attualmente studio relazioni Internazionali all’Università di Torino. Sono attivista con One Campaign, un movimento globale che si batte per porre fine alla povertà estrema e garantire a tutti opportunità di crescita e una vita dignitosa.
Faccio parte di quelli che vengono definiti “seconde generazioni”. Quelli che spesso siamo presentati come “migranti”senza aver mai fatto alcun percorso migratorio. Al massimo abbiamo un background migratorio ma sono due cose totalmente diverse.
Raccontarmi non può quindi non passare dal tema dell’identità ed è difficile perché tocca sia la sfera personale che quella sociale. Da un lato mi chiedo: “Chi sono io? Come la penso?” ma dall’altro “Come mi percepiscono gli altri? Perché devo sempre dare una giustificazione?”. Io non posso scegliere la percentuale di italianità che è in me. Sono nata e cresciuta qui. Sono italiana ma non sempre sono riconosciuta come tale, anche se lo sono e sento di esserlo.
La nostra società ascolta i bisogni delle persone di origine straniera secondo te?
Devono essere fatti ancora tanti passi avanti. Sentirsi rappresentanti è fondamentale per ciascuno di noi tanto quanto lo sono l’indipendenza e l’autonomia delle persone migranti e di cittadini stranieri lontani dal loro Paese d’origine.
Oggi vedo tante associazioni impegnarsi nella difesa e tutela dei diritti delle persone di origine straniera, ma la nostra partecipazione potrebbe e dovrebbe essere più forte.
E’ necessario avere dei punti di riferimento fin da quando si è giovani alla ricerca di modelli simili a te. Cresci e vuoi far sentire la tua voce perché hai qualcosa da dire e ti tocca direttamente nonostante lo scontro con mille pregiudizi nella continua ricerca della tua identità.
Puoi farci un esempio di azioni concrete che si possono fare per una maggiore partecipazione?
Concessione e riconoscimento dei nostri diritti.
Il diritto di autodeterminarsi e non essere limitati nelle scelte che vogliamo compiere.
Una grande battaglia è per noi la cittadinanza, che dà tante “cose scontate” ma che scontate non sono finché non ne hai bisogno. Immagina di essere una persona giovane, che è arrivata pochi anni dopo la propria nascita, trascorre quasi tutta la vita in Italia, si diploma e poi si laurea. Vorrebbe fare il lavoro dei suoi sogni, ma molte volte i concorsi richiedono la cittadinanza per accedere. E anche per richiedere la cittadinanza ci sono dei requisiti da soddisfare (ad esempio residenza continuativa e reddito) e dei costi che una persona che si sta ancora formando può anche non riuscire a sostenere.
Cosa succede? Molte volte decide di lasciare il Paese.
Essere italiani con un background multiculturale non deve essere una colpa. È una ricchezza.
Allargare la cittadinanza significherebbe investire su persone che sono già in questo territorio, e che immaginano qui il loro futuro. Per poter immaginare un futuro devi avere però anche le possibilità economiche e giuridiche. Anche su questo dovremmo ripensare la nostra società.
Cosa possiamo fare per prevenire e contrastare atteggiamenti discriminatori secondo te?
Crediamo che bisognerebbe investire anche sui rapporti con i nostri Paesi d’origine, imparando a conoscerli con momenti di scambio con le persone del territorio.
Bisognerebbe anche che ci facciano più domande, consapevoli che ogni persona ha una storia a sé e un rapporto diverso con le sue origini e il suo Paese.
Bisogna essere curiosi e spogliarsi di quei mille pregiudizi che si hanno nel rivolgersi a noi.
Dovremmo abituarci alla bellezza multiculturale. La musica e le tradizioni territoriali possono essere un altro veicolo per promuovere l’inclusività. Mi è rimasto impresso un evento a Bologna qualche anno fa, dove si erano affiancati ai tortellini tradizionali, i tortellini “halal”. È stato un modo per celebrare la tradizione e poterla far vivere a tutti.
Noi giovani e le nostre generazioni sono un ponte fra i Paesi. Siamo un collegamento e tutta la società ne ha bisogno.