Le va di raccontarci brevemente il suo percorso educativo? Quali sfide ha incontrato nel cercare di far riconoscere i suoi titoli di studio in Italia e come ha affrontato questa situazione?

Ho studiato ostetricia in Afghanistan nel 2004, nel mio paese esisteva solo un diploma di due anni per questa disciplina. Dopo il diploma, ho iniziato subito a lavorare. Nel 2016, quando è stata resa possibile la laurea triennale, ho ripreso gli studi e nel 2019 ho ottenuto il titolo di laurea.

Qui in Italia il grande problema è che, poiché attualmente il mio paese non ha un governo ufficialmente riconosciuto, anche i miei titoli di studio non vengono riconosciuti. L’unica cosa che sono riuscita a fare è stata tradurli in italiano, ma finora non c’è stato un modo per ottenere il riconoscimento ufficiale.

Per prima cosa ho inviato i miei documenti all’ufficio della FCEI, che a loro volta li hanno inviati alle cliniche legali. La risposta è stata che, poiché il mio paese non ha un governo ufficiale, non è possibile verificare i documenti.

Mi è stato suggerito il metodo EQPR, Passaporto Europeo delle Qualifiche dei Rifugiati, un processo tramite moduli molto dettagliati da completare con il supporto dell’UNHCR, ma non sono riuscita a completarlo perché richiedeva informazioni che non avevo a disposizione. Erano richiesti i miei documenti di scuola superiore, poiché avevo finito la scuola superiore in Iran, non avevo accesso a questi voti e questa opzione era necessaria sul modulo di EQPR. Ho anche cercato di convalidare i miei documenti con CMEA, ma non è stato possibile per la documentazione medica. Inoltre le possibilità di successo sembravano comunque basse. 

Ho parlato più volte con vari uffici, ma nessuno sembrava avere soluzioni alternative.

Come ha vissuto il fatto che, nonostante la sua lunga carriera e l’esperienza acquisita nel suo paese, il suo titolo di studio non sia stato riconosciuto in Italia, e come ha affrontato questa situazione lavorativa e professionale?

A me è sembrato un percorso impossibile, non sono riuscita a fare un solo passo positivo verso il riconoscimento.

Con il mio titolo, ho potuto lavorare per 15 anni in vari ruoli nel mio paese: sono stata membro del consiglio nazionale degli infermieri, ho avuto un ruolo significativo nell’associazione delle ostetriche dell’Afghanistan. Ho acquisito molta esperienza. Arrivata qui, però, è come se tutto fosse stato azzerato e il mio titolo non avesse alcun valore. È come se non fosse mai esistito. Non sono un’ostetrica e non ho più nessuna skill valida.

L’unica cosa che sono riuscita a fare è stato frequentare un corso da OSS (Operatore Socio Sanitario), un ruolo che è solo vagamente correlato alla mia professione, e ora lavoro come OSS in una residenza per anziani. È un lavoro diverso dall’ostetricia, ma comunque basato sulla cura e il supporto agli altri.

Ha trovato assistenza in Italia per affrontare questo percorso? 

Sì, con l’aiuto di un amico giornalista sono andata al Ministero della Salute, ma senza successo. Mi hanno aiutata alcune organizzazioni a tradurre i miei documenti e mi hanno indirizzato a vari uffici, ma non ho ottenuto alcun risultato. Il problema principale è la mancanza di soluzioni alternative per chi si trova nelle mie condizioni.

Anche mio marito ha una laurea in infermieristica conseguita in Iran, e dopo molte procedure è riuscito solo a ottenere una lettera dal Ministero della Salute, in cui gli è stato detto di prepararsi per l’esame di abilitazione all’infermieristica, che però è solo in lingua italiana, una sfida che potrebbe richiedere molto tempo.

In base alla sua esperienza, quali modifiche suggerirebbe per migliorare il sistema di riconoscimento dei titoli di studio in Italia, in modo da renderlo più accessibile?

In base alla mia esperienza, per migliorare il sistema di riconoscimento dei titoli di studio in Italia, proporrei le seguenti modifiche:

  1. Processo semplificato e trasparente: linee guida chiare e suddivise in fasi per ridurre la complessità burocratica.
  2. Piattaforma online integrata: per caricare documenti, monitorare lo stato della richiesta e comunicare in più lingue.
  3. Esami di equivalenza e corsi di aggiornamento: per confermare le competenze professionali e allinearsi agli standard italiani.
  4. Supporto per titoli di paesi senza governo: una sezione dedicata a migranti da paesi privi di un sistema di certificazione ufficiale.
  5. Sostegno economico e consulenza legale: assistenza finanziaria e legale gratuita per facilitare l’accesso al riconoscimento.
  6. Riconoscimento dell’esperienza professionale: considerare l’esperienza pregressa come criterio di valutazione.
  7. Facilitazione di esami e corsi di lingua specialistica: supporto linguistico per superare le difficoltà nei settori tecnici.

Queste modifiche renderebbero il processo più accessibile e consentirebbero all’Italia di sfruttare al meglio le competenze dei migranti.

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“In questi anni di esperienza maturata con le rifugiate afghane in Italia, sono stati progressivamente creati progetti e strumenti sempre più mirati ai loro bisogni specifici. Questo ha portato alla formazione di un gruppo di donne altamente qualificate e determinate, che vogliono diventare motore di cambiamento, portando alla luce attraverso le loro voci la realtà del loro Paese d’origine, in particolare la condizione delle donne. La loro speranza è contribuire alla ricostruzione e allo sviluppo di un Afghanistan pacifico e inclusivo.”- Flavia Mariani, Communication & Media Relations at NOVE Caring Humans.

In collaborazione con il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), Novecaringhumans ha avviato un progetto di formazione in comunicazione e advocacy, pensato per un gruppo selezionato di rifugiate afghane. Questo “dream team” è impegnato in azioni di sensibilizzazione sui diritti umani e sulla diversità culturale, con un focus specifico sul riconoscimento del gender apartheid come crimine e sulle sfide legate all’inclusione e all’accoglienza in Italia. Il progetto mira a rafforzare le loro competenze affinché possano rappresentare e amplificare le voci delle loro compatriote e della diaspora afghana, contribuendo al dialogo e alla consapevolezza a livello internazionale e locale.