Iniziamo con una presentazione. Ti va di raccontarci chi sei e i motivi che ti hanno portato in Italia?
Mi chiamo Mahnaz e sono iraniana.
Sono arrivata in Italia nel 2013 con la passione dell’arte. Ero innamorata di questo mondo e ho così deciso di venire a vivere a Firenze per frequentare l’Accademia delle belle arti.
Vengo da un Paese che ha tanti problemi storici, religiosi ed economici, ieri come oggi.
Anche se non sono scappata dall’Iran, è vero che sentivo il desiderio di andare via. Lì ho studiato ingegneria elettronica ed è tutta la cultura del Paese che ti spinge a lavorare in quei settori per avere un guadagno economico più alto: medicina e ingegneria, appunto.
Ma quando ho scoperto di essere un’artista, ho sentito che dovevo fare questo passo e raggiungere l’ Italia. Nonostante provenga da una famiglia d’artisti, lavorare in questo campo non è stato mai capito. Doveva essere solo un hobby. Niente di più.
Ho quindi iniziato a studiare la lingua italiana in ambasciata a Teheran, capitale dell’Iran e, una volta in Italia, ho iniziato il percorso che tanto desideravo.
Quali sono state le tue maggiori difficoltà una volta in Accademia?
Ho fatto questo percorso ormai qualche anno fa, nel 2013.
Poi sono stata anche in altri Paesi, tra cui la Finlandia.
Quello che ricordo bene è che noi studenti iraniani, come anche studenti con altre nazionalità, una volta in Accademia, non abbiamo avuto informazioni che ci accompagnassero per capire meglio cosa e come fare in un ambiente del tutto nuovo.
Solo la comunità cinese aveva un servizio di mediazione efficace.
Sia l’Accademia sia l’Università accettavano le nostre iscrizioni con un livello di italiano molto elementare e questo, nonostante ci ha permesso di entrare e studiare qui in Italia, ci ha ostacolato parecchio nel comprendere il sistema attorno a noi. Non c’erano momenti di formazione o corsi d’aggiornamento sulla lingua italiana. Ho dovuto fare tutto un po’ da me.
La casa dello studente organizzava diversi momenti culturali, eventi e Festival, ma quello che mancava era proprio la presenza di sportelli di informazioni per studenti internazionali.
Se faccio un confronto con la Finlandia o con la Germania, penso a quanto possa essere interessante, e soprattutto utile, pensare di creare giornate d’orientamento e informative per noi studenti stranieri.
Se queste sono le difficoltà nell’ambiente accademico, cosa succedeva invece nella tua vita di tutti i giorni?
Se penso alla burocrazia italiana o a determinati settori un po’ più complessi posso dire che ci sono cose che purtroppo non conosco bene ancora oggi, dopo dieci anni in Italia.
All’inizio ho avuto tante difficoltà per capire come muovermi e cosa fare per ottenere la residenza o per richiedere la mia carta d’identità. Tra i tanti ostacoli, anche la richiesta della tessera sanitaria che non sapevo cosa fosse!
Ho avuto un supporto da uno Sportello immigrazione presente a Firenze Nord, ma tra i vari servizi di mediazione mancava il persiano.
In generale però sono stata fortunata e ho avuto persone che mi hanno aiutata e accompagnata nella mia nuova vita in Italia per imparare a conoscere la lingua, la cultura e le abitudini del posto.
Non è stato facile e spesso, i primi anni, mi ritrovavo a piangere perché non conoscere bene la lingua ti limita in tantissime cose e ti senti spesso sola e fuori dal mondo.
“Non riesco a raccontarti le mie idee né a dirti chi sono. Cosa puoi pensare di me? Non sono certo una persona timida o impacciata” ripetevo nella mia testa. Eppure, alle volte, rischiavo di isolarmi.
Firenze ha una comunità iraniana numerosa. Neanche tra i vostri connazionali esisteva (o esiste oggi) un supporto di mediazione?
Tante persone iraniane sono venute qui a Firenze per motivi di studio.
Siamo una comunità abbastanza numerosa.
Appena arrivata in Accademia c’era un gruppo abbastanza bravo di giovani iraniani che offrivano un supporto per accompagnarti nella richiesta di documenti ma è un gruppo che ha avuto vita breve.
Dopo un anno si son fermati perché attività come queste o sono spesso volontarie o, altre volte, le persone che ne fanno parte sono le prime a non avere abbastanza informazioni per capire come creare una realtà solida.
Tanti ragazzi tra lavoro e impegni, tra documenti personali e difficoltà a costruire la propria vita in Italia, spesso non riescono a star dietro ad attività volontarie come vorrebbero!