Ci racconti qualcosa di te?

Mi chiamo Stefano Edward.  Sono nato e cresciuto a Palermo e i miei genitori, originari dello SriLanka, sono parte del popolo Tamil, la seconda comunità con origini asiatiche più numerosa nel capoluogo siciliano e molto attiva sul territorio. 

Ho studiato comunicazione, unendo lo studio a grandi battaglie sociali, fino a diventare rappresentante delle associazioni Tamil qui nella mia città. Per loro e con loro, negli ultimi anni, ho condiviso un lavoro di costruzione di una rete con altri giovani Tamil in tutta Italia, parlando di quanto fosse importante il riconoscimento della nostra storia e la tutela dei diritti umani. 

Subito dopo, ho deciso di impegnarmi in attività di sensibilizzazione sui diritti civili e, soprattutto, sul tema della cittadinanza per tanti giovani, come me, che sono ancora invisibili  in questo Paese.

Grazie al mio attuale lavoro nel mondo del giornalismo, oggi mi sento un mezzo per dar voce a chi una voce non ce l’ha: voglio offrire storie nuove contro l’islamofobia, storie per far conoscere altre religioni, storie per educare alla diversità dando il racconto in mano ai diretti interessati.

Lavori quindi nel mondo dell’informazione?

Sto prendendo il tesserino per diventare un giornalista e al momento scrivo per Ilmediterraneo24 qui in Sicilia. Mi occupo di comunicazione sociale perché credo che un’informazione corretta sui temi quali la migrazione, l’accoglienza e i diritti dei cittadini con background migratorio in Italia debba essere promossa da chi vive sulla propria pelle queste tematiche e sente il bisogno di raccontarsi. 

Penso che il nostro impegno, in quanto figli della migrazione, sia fondamentale e vorrei tanto che sia data la possibilità alle seconde generazioni in particolare di diventare protagoniste di una comunicazione e di un’informazione “nuova”. Oserei dire anche più vera.  

I miei articoli rappresentano la scelta di parlare attraverso loro e ogni storia vuole spingere chi mi legge a lottare per il proprio riconoscimento.

 

Sulla questione cittadinanza e seconde generazioni hai scritto la tua tesi di laurea. Quali risultati hai ottenuto con la tua ricerca e cosa pensi dovremmo fare?

Ho voluto dedicare questo lavoro a  un’intera generazione ancora oggi invisibile e sempre più mi impegno per dare voce alla nostra generazione attraverso le varie forme dell’attivismo: accademico, giornalistico, fotografico /videoreportage, ecc. 

Non siamo e non saremo solo numeri, siamo «figli d’Italia » e prima o poi questa nazione si dovrà svegliare nel riconoscerci, superando leggi ferme agli anni Novanta. 

Nella mia ricerca ho raccolto storie da tutta l’Italia, intervistando alcuni più nel dettaglio tra Palermo e Roma per capire difficoltà e problematiche comuni: riconoscimento, fuga dei cervelli, partecipazione alla vita sociale, senso di sfiducia. 

Da queste storie ho avuto conferma che dobbiamo impegnarci tutti ad assicurare loro l’accesso al mondo del lavoro alla pari dei propri coetanei, garantire la possibilità di vivere la società e la politica del loro Paese e riformare la legge sulla cittadinanza.