Ciao, mi chiamo Ali ho 29 anni, vengo dal Ciad e sono un rifugiato politico. Sono scappato via dal mio paese a causa di povertà, miseria e ignoranza; e a causa della situazione politica che non permette al cittadino di parlare e partecipare liberamente.
Per questo, ho deciso di abbandonare il mio paese, e di andare in Libia, dove sono rimasto fino alla caduta del colonnello Gheddafi. Dopo la caduta di Gheddafi, la Libia entrò in caos totale, senza più la sicurezza e un governo, le milizie comandano il territorio Libico e il traffico di esseri umani. A causa della guerra civile, di conseguenza, la Libia è diventata un inferno per i rifugiati e lo stato è totalmente assente lì.
Da lì ho iniziato il mio percorso verso l’Europa, ho preso il barcone con i miei amici e siamo sbarcati in Italia alla fine del 2011, esattamente in Sicilia. La prima cosa che ho notato in Sicilia è che gli abitanti sono molto gentili, loro ci hanno accolto con le braccia aperte e ci hanno aiutato molto.
Quando sono arrivato in Italia non conoscevo neanche una parola di italiano, ma conoscevo alcune marche italiane degli abbigliamenti e delle scarpe “Made in Italy”.
Ho iniziato subito ad imparare la lingua italiana e ho frequentato corsi di formazione. Mi sono gettato nel mondo del lavoro come panettiere, e ho cominciato un percorso d’integrazione per conoscere una cultura diversa della mia, e per fortuna ho incontrato delle brave persone che mi hanno aiutato ad integrarmi nella società.
C’è una frase di Tahar Ben Jelloun scrittore Francese che vorrei citare perché mi sta molto a cuore, “l’integrazione è un’operazione che si fa in due, non si integra da soli. Cioè integrarsi non significa rinunciare alla componente della propria identità di origine ma adattarle a una nuova vita in cui si dà e si riceve”. Se la società non avesse la volontà di accettare il diverso con la sua cultura e le tradizioni, non mi sarei integrato velocemente. Per me è stata davvero una grande sfida, perché iniziare da capo non è mai facile, devo dire che è stata anche una bella esperienza che io abbia mai fatto.
Dopodiché ho iniziato a lavorare nel settore sociale, cioè nei centri di accoglienza per richiedenti asilo, come mediatore culturale, un lavoro che mi piace molto, un lavoro sociale in cui spesso vedo me stesso quando sono arrivato dalla Libia.
Mi è stato riconosciuto un premio ‘’Sicily for immigration’’ per l’impegno profuso con spirito di sacrificio e di umanità nella mediazione culturale a favore dei migranti.
Poi ho avuto una proposta di lavoro da Milano come coordinatore di accoglienza, non ci ho pensato seconda volta, e subito mi sono trasferito da Agrigento a Milano per due motivi.
(1) Mi piace il calcio e sono interista, sin da piccolo tifo per L’Inter, e la possibilità di andare a San Siro per vedere la mia squadra dal vivo giocando con un’altra squadra è veramente una sensazione bellissima.
(2) Milano è una città di moda e fashion, è una città multiculturale, con tante possibilità di lavoro e studio. Infatti, mi sono iscritto all’università degli studi di Milano per laurearmi in mediazione linguistica e culturale.
La vita a Milano è molto bella, nel weekend mi piace uscire di sera, soprattutto andare al ristorante e mangiare il risotto milanese, che è uno dei miei piatti preferiti. Ho anche fatto nuove amicizie con cui vado nei locali dove suonano la musica dal vivo. Io adoro Milano con la sua animazione, i negozi, il cinema, i locali, davvero Milano è tutto altro.
Tuttavia ho ancora molte sfide da affrontare come quella di rientrare nel mio paese e contribuire nella società con tutto ciò che ho imparato qui. Come ho detto prima la strada è ancora molto lunga, e per ora mi concentro sulla mia laurea, e sogno di diventare mediatore professionale.